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Inflazione ancora giù a dicembre, nel 2023 si ferma al 5,7%: su zucchero e olio, in calo smartphone

Nel mese di dicembre l’indice nazionale dei prezzi al consumo aumenta dello 0,2% su base mensile e dello 0,6% su base annua (da +0,7% del mese precedente)

di Carlo Marroni

Istat: nel 2023 rallenta l'inflazione ma prezzi dell'alimentare alti

5' di lettura

Prosegue la fase di flessione dell’inflazione: a dicembre è scesa a +0,6% da +11,6% del dicembre 2022 e nella media 2023 i prezzi risultano accresciuti del 5,7%, in netto rallentamento dall’8,1% del 2022. Sono i dati dell’Istat dai quali emerge come nel mese di dicembre 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (al lordo dei tabacchi) è aumentata dello 0,2% su base mensile e dello 0,6% su base annua (da +0,7% del mese precedente), confermando la stima preliminare.

Al netto degli energetici e degli alimentari freschi («inflazione di fondo»), i prezzi al consumo crescono del 5,1% (+3,8% nell’anno precedente) e al netto dei soli energetici del 5,3% (+4,1% nel 2022), spiega l’Istituto. Il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione è dovuto per lo più ai prezzi dei Beni energetici regolamentati (che accentuano la loro flessione da -34,9% a -41,6%), sottolinea l’Istat.

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Il 2023 ha prodotto poca inflazione

Questo emerge da una lettura più approfondita dei dati dell’ultimo anno: alla fine solo un +0,5% effettivo, il resto era eredità del terribile 2022. Istat conferma la crescita di dicembre del +0,6% e una media annua del 5,7%, e l’eredità verso il 2024 è minima, +0,1%, anche se quella degli alimentari è certamente maggiore, +1,3%, il che si rifletterà sull’andamento del carrello della spesa. Ma per comprendere bene quello che è accaduto nell’ultimo biennio, eccezionale, vanno analizzati diversi aspetti. Dopo aver fatto registrare un lieve calo nel 2020 (-0,2%), l’anno successivo l’inflazione è risalita sensibilmente portandosi poco sotto i due punti percentuali (1,9%), per poi accelerare rapidamente nel 2022 quando la crescita media annua dei prezzi al consumo è risultata pari all’8,1%. Dalla fine dell’anno la fase ciclica di accelerazione dell’inflazione si è chiusa, e il ritmo di crescita dei prezzi al consumo ha iniziato a rallentare, finendo al 5,7%.

Il peso degli alimentari freschi

Il rallentamento dell’inflazione è frutto del venir meno delle spinte al rialzo dei prezzi, sebbene, almeno nella prima parte dello scorso anno, in alcuni settori le tensioni al rialzo abbiano esercitato un effetto di sostegno della dinamica inflazionistica. Nel complesso, gran parte dell’inflazione registrata nel 2023 appare effetto dell’eredità (5,1%) lasciata dalla ascesa dei prezzi dell’anno precedente. L’inflazione propria – come detto - in effetti risulta assai moderata (0,5%) e il trascinamento al 2024 è pressoché nullo (+0,1%).A un maggiore livello di dettaglio, per quanto riguarda i beni alimentari, la componente propria è piuttosto marcata (4,4%) con un trascinamento al 2024 dell’1,3%, 1,9% per i soli alimentari freschi, i più sensibili. Per i servizi, l’inflazione propria del 2023 (2,5%) spiega più della metà della crescita media annua dei prezzi del settore (4,2%) e determina un trascinamento al 2024 dello 0,8%.

L’accelerazione dell’inflazione nel 2022

L’accelerazione dell’inflazione, nel 2022, si è accompagnata a un veloce aumento della diffusione delle spinte al rialzo. Con riferimento a oltre i 400 aggregati di prodotto che compongono il paniere dei prezzi al consumo, a gennaio 2021, l’80% registrava variazioni tendenziali del prezzo comprese tra -2,1% e +2,8% (la metà dei prodotti risultava compresa tra -0,2% e 1,5%). Un anno dopo, a gennaio 2022, l’80% dei prodotti mostra variazioni comprese tra -0,8% e il 9,8% (la metà degli aggregati tra lo 0,6% e il 3,4%), mentre a ottobre dello stesso anno (in cui si registra il picco dell’inflazione), gli estremi dell’intervallo sono pari a 0,4% e 19,9% (tra 2,3% e 10,2% l’ampiezza del range che include la metà dei prodotti).

La riduzione nel 2023

Nella fase del 2023, si riduce progressivamente la diffusione degli aumenti. Tra gennaio e dicembre, la soglia che delimita la coda estrema della distribuzione risulta quasi dimezzata: all’inizio dell’anno infatti il 10 per cento dei prodotti a più elevato tasso di crescita del prezzo ha fatto registrare aumenti non inferiori al 17,5%, mentre a dicembre la stessa quota evidenzia incrementi non superiori al 8,9%. in termini di peso, nel 2022, l’incidenza delle diminuzioni di prezzo, dopo essersi fortemente ridotta nell’anno precedente, è rimasta su valori di poco superiori all’11% (con una netta prevalenza delle diminuzioni più moderate, comprese tra lo zero e il -5%). Nello stesso anno, il peso dei prodotti che evidenziano aumenti dei prezzi maggiori del 10% è andato crescendo dal 12,6% di gennaio al 22,7% di dicembre. In particolare, gli aumenti superiori al 20%, che a inizio 2022 rappresentavano il 4,9% del peso del paniere, a dicembre arrivano a pesare per l’8,1%.Nel 2023, il peso dei prodotti con prezzi in calo si è più che raddoppiato, passando dal 7,3% di gennaio al 15,5% di dicembre, con un aumento significativo del peso delle riduzioni di prezzo più marcate (quelle superiori al 5%). Per contro, il peso dei prodotti che registrano aumenti di prezzo superiori al 10% è sceso dal 22,4% al 2,9%. La flessione è stata più marcata per gli incrementi di prezzo superiori al 20%, la cui incidenza dall’8,8% di gennaio all’1,1% di fine anno. Nella media del 2023, i prezzi al consumo sono risultati del 16,2% più elevati rispetto al 2019.

Aumenti più marcati per i beni energetici

Con riferimento alle tipologie di prodotto, gli aumenti cumulati più marcati si sono registrati per i Beni energetici (59,4%), per i Beni alimentari non lavorati (21,7%) e per quelli trasformati (21,5%). Tassi di crescita sensibilmente più moderati hanno fatto registrare i Tabacchi (6,3%), i Servizi relativi all’abitazione (6,4%) e i Servizi Vari (6,9%). Un moderato calo si registra al contrario per i Servizi relativi alle comunicazioni (-0,4%). Considerando la distribuzione per classi di ampiezza percentuale della variazione cumulata di prezzo, circa un terzo del paniere (in termini di peso) evidenzia aumenti che si collocano attorno al dato medio: i prodotti che, nel periodo considerato, registrano un aumento compreso tra il 10% e il 20% pesano complessivamente per il 32,7% del totale.Tra il 2019 e il 2023, più di un quinto del paniere (22,6%) evidenzia aumenti superiori al 20%. Di questi prodotti circa la metà (10,9%) appartengono al comparto dei Beni alimentari, e circa un quarto a quello dei Beni energetici (5,4%).

Dallo zucchero al latte, i prodotti con aumenti di prezzo maggiori

Tra i prodotti alimentari a maggiore tasso di crescita del prezzo nel periodo 2019 – 2023 figurano lo zucchero (64,8%), il riso (+50,0%), l’olio di oliva (42,3%), la pasta secca (40,1%), il burro (36,5%), il latte intero (21,9%). Cali di prezzo interessano poco meno del 10% del paniere. Tra i prodotti con la maggiore flessione del prezzo, vi sono gli apparecchi per la ricezione, registrazione e riproduzione di immagini e suoni (-45,7%) e gli smartphone (-36,7%). Tra gli anni 2019 e 2023, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo ha fatto registrare una variazione del 17,2%. Nello stesso arco di tempo la crescita cumulata dell’indice generale calcolato per la prima sottopopolazione (minore livello di spesa equivalente) è risultata pari al 21,7%. Con riferimento all’ultimo gruppo di famiglie (con i livelli di spesa più elevati), il tasso cumulato di inflazione è pari a 15,2%. I differenziali di inflazione più ampi tra la prima e l’ultima sottopopolazione si registrano per i Beni energetici (rispettivamente +69,6% e +56,1%), per i Servizi vari (+9,3% e +6,5%) e per gli Alimentari lavorati (+20,9% e +18,5%). Al contrario, una dinamica relativamente più marcata per l’ultimo gruppo di famiglie si registra per gli Altri beni (+11,1% per le famiglie più abbienti contro il 7,0% di quelle a minore capacità di spesa), per i Servizi relativi ai trasporti (nell’ordine 11,8% e 8,9%) e per i Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+14,1% a fronte di +11,9%).


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